venerdì 25 aprile 2008

5 per mille

In questi giorni la maggior parte di noi sta compilando la famigerata dichiarazione dei redditi e dobbiamo decidere a quale organizzazione destinare il 5 per mille delle proprie tasse.


Ma sappiamo tutti come funziona?


Con il termine cinque per mille viene definito il meccanismo, introdotto dalla legge finanziaria per il 2006, in virtù del quale il cittadino-contribuente può vincolare il 5 per mille della propria IRPEF al sostegno di enti che svolgono attività socialmente rilevanti (non profit, ricerca scientifica e sanitaria).

Per quanto riguarda l'ammontare del finanziamento a novembre 2007 l’Agenzia delle entrate ha diffuso i dati definitivi sulla ripartizione per il periodo di imposta 2006 colpisce è il numero estremamente ampio di enti e associazioni che hanno beneficiato della misura (29.532). A tale ampiezza di soggetti corrisponde, ovviamente, una distribuzione di somme che, per la maggior parte dei beneficiati, è per piccoli importi. Questo dato induce a riflettere sulla capacità dello strumento di rappresentare una efficace forma di sostegno per le attività sociali e di ricerca.


Gli esponenti politici che hanno sostenuto il provvedimento evidenziavano l’aspetto fondamentale dello strumento che è quello della totale libertà di scelta accordata ai contribuenti. Peccato, però, che nel caso del 5 per mille non si tratti di denaro privato, ma di fondi pubblici, in quanto le scelte si qualificano come provvedimenti di spesa rispetto a somme che, comunque, confluirebbero nelle casse dell’Erario.

Inoltre, si pone anche un problema di razionale e ragionevole distribuzione delle risorse, nel contesto delle complessive decisioni di spesa (e di entrata) dello Stato. Può allora essere lecito chiedersi, per fare un esempio, se risponda a un criterio di ragionevolezza e a una priorità, rispetto alle esigenze di welfare, destinare, 1.588.493 euro alla Associazione Radio Maria, oppure 805.855 euro alla Congregazione dei Testimoni di Geova. O, ancora e più in generale, se risponda davvero ai bisogni del nostro paese destinare 51,1 milioni di euro alla ricerca scientifica e quasi quattro volte tanto (192, 9 milioni) a onlus e associazioni private.

Inoltre, il meccanismo attua un finanziamento a favore di soggetti, che operano in dati settori, e non di progetti o interventi specifici rischiando di di realizzare una sorta di sondaggio sulla notorietà dei soggetti beneficiari, piuttosto che sugli obiettivi meritevoli.

Questo effetto è ulteriormente amplificato dal momento che, in misura delle preferenze espresse, si ripartisce anche la quota assegnata genericamente al settore di intervento, con un effetto moltiplicativo che premia i soggetti (già maggiormente) beneficiati.

Ancor più grave è l'abdicazione dello Stato alla scelta degli interventi da finanziare e le modalità di come questi vanno in concreto assolti. Nelle disposizioni di legge, e nei provvedimenti di attuazione, non è prevista alcuna forma di verifica rispetto alla destinazione delle somme erogate, nonostante i beneficiari siano anche (se non soprattutto) soggetti che svolgono non solo attività sociali e di ricerca.

A mio parere il 5 per mille è uno strumento inutile, poco trasparente e costoso. Inutile perché se volessi contribuire al mondo della ricerca sarebbe sufficiente fare una donazione portando la spesa in detrazione dalla mia dichiarazione. Costoso e poco trasparente perché dobbiamo pagare un esercito di impiegati che "scrutini" le nostre dichiarazioni senza che nessuno effettui un minimo di controllo successivo.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono assolutamente a favore del 5 per mille anche perchè non comporta nessun costo per il contribuente.
Il 5 per mille non si sottrae ma si aggiunge a quanto vogliare donare privatamente.

Anonimo ha detto...

Scusa "vogliamo" donare

Andrea ha detto...

Apprezzo ma non condivido. è una procedura troppo faragginosa. Si grida ai brogli alle elezioni pensa per lo "spoglio" delle dichiarazioni. Inoltre, ribadisco i concetti del post: mancato controllo delle iniziative ecc.ecc.
E poi non pensi sia in contrasto con uno dei principi del bilancio dello Stato, quello dell'universalità che stabilisce che il complesso delle risorse deve finanziare indistintamente tutte le spese previste,

Anonimo ha detto...

Considera però che con l'introduzione del terzo settore (non-profit, onlus) una parte delle attività sociali che avrebbe dovuto svolgere lo Stato è stata spostata a questi enti.
Quindi spese che prima erano dello Stato ora sono di questi enti e lo Stato contribuisce a queste spese con l'erogazione del 5 per mille e naturalmente con altri finanziamenti di progetti.
Quanto al controllo lo si può fare con il bilancio e le relazioni al bilancio dell'ente beneficiario del contributo.
Pur avendo compreso i concetti del post, questo rimane solo il mio punto di vista.