mercoledì 30 aprile 2008

L'abolizione dell'ICI

Silvio Berlusconi mantiene l’impegno elettorale, e fin qui merita un applauso; ma secondo Gilberto Muraro in un suo articolo su www.lavoce.info, si tratta di un pessimo impegno. È stata una rincorsa al peggio da ricordare a lungo come esempio di cattiva manovra tributaria e come vittoria dell’apparenza sulla sostanza.
Per spiegare tale tesi l'autore, premette che non c’è paese al mondo in cui la finanza locale non sia alimentata in buona parte dalle imposte sugli immobili, comprese le prime case. Infatti, l’Ici non fa litigare i comuni perché la casa sta con certezza da una parte o dall’altra ed è poi beneficiaria di una quota importante della spesa locale.
Non meno importante il ruolo dell’Ici ai fini della buona gestione della “res publica”, consente infatti ai cittadini di farsi un’idea fondata del rapporto costi benefici dell’attività pubblica e quindi di giudicare correttamente il governo locale e di calibrare la domanda politica.
Ma ciò che sorprende e mortifica in questa storia è il risvolto psicologico. L’Ici sulla prima casa riguarda l’80 per cento degli italiani. ed è chiaro che saranno gli stessi beneficiari che dovranno in altre forme pagare ciò che viene loro presentato come un regalo. Tecnicamente si parla di “illusione tributaria”, ossia di errata percezione che fa credere a benefici superiori o a costi inferiori rispetto alla realtà.
Fa specie che a nessuno venga in mente di chiedere come sarà compensato il minor gettito. Ovviamente, con trasferimenti dal centro e senza sacrificare i servizi pubblici locali.
Ma un’Ici si autocontrolla, perché il sindaco deve soppesare la popolarità resa dai maggiori servizi con l’impopolarità creata dalla più pesante imposta mentre dove il governo troverà i fondi per i comuni?
Si spera che nessuno voglia aumentare il debito pubblico, ed è difficile pensare a drastiche e immediate riduzioni di spesa pubblica. Non restano quindi che le grandi imposte sui redditi, gli affari e i consumi.
Di sicuro, l’effetto è negativo sotto il profilo del federalismo fiscale sia perché si indebolisce l’autonomia locale sia perché affidarsi al prelievo nazionale significa accentuare e non riequilibrare il flusso di risorse che dal Nord va al Sud.
Detto tutto questo, va aggiunto che le prime stime di caduta del gettito, rispetto all’Ici già ridotta da Prodi, vanno da 1,7 a 2,1 miliardi di euro. Si tratta di una caduta importante, ma non tale da destabilizzare il sistema. Nessuna tragedia, quindi.
Condivido la conclusione dell'autore che l'abolizione dell'ICI è un passo indietro, non un passo avanti.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Ritengo invece l'ici una tassa totalmente ingiusta, non si può pagare un'imposta su un bene pagato già fior di milioni e sul quale pendono debiti di mutui che strozzano la vita di ogni giorno. Un bene, che oltretutto , non dà reddito. Me ne frego che a toglierla è Berlusconi invece che Prodi, è comunque vergognosa come tassa.

Andrea ha detto...

L'ici non è una tassa ingiusta. Con questa imposta, teoricamente, dovresti pagare il servizio che ti fornisce l'ente pubblico per tutti i diritti relativi alla proprietà. Che poi in Italia questi servizi sono ridotti al minimo è un altro discorso.

Anonimo ha detto...

E'propio questo il punto. Che servizi mi dà il comune? Da paese sottosviluppato!!!!!! L'ici però la pretende come se fosse un paese moderno. Siamo sempre alle solite, aumentano le imposte a fronte di servizi scadenti.

Andrea ha detto...

Il problema che tu poni non riguarda la correttezza dell'ICI, ma la qualità dei serivzi del tuo comune.
Se elimini l'ICI non è che i servizi migliorino e inoltre l'abolizione dell'imposta la compenserai con l'aumento dell'IRPEF (maggior peso sui dipendeti)!
Il senso dell'articolo era proprio questo: in un'ottica di federalismo fiscale e al fine di poter giudicare meglio i propri amministratori le imposte devono essere pagate all'ente locale più vicino al cittadino.
Ciao e grazie per gli interventi

Anonimo ha detto...

Come già scritto nell'articolo, ritengo che sia solo un'illusione tributaria.
e poi...(Il nostro Paese sottosviluppato????
Forse sarebbe più corretto usare il termine sottoutilizzato).

Anonimo ha detto...

Come mi spiegava il mio professore di scienza delle finanze, non esistono tasse giuste o ingiuste, perchè la loro applicazione è decisa a livello politico, cioè dai rappresentanti della maggioranza del popolo; pertanto, quello che loro decidono rappresenta (dovrebbe rappresentare) il desiderio della maggioranza della popolazione.
Ciò che invece rileva è l'efficienza dell'imposizione fiscale, che risponde a questa domanda: la specifica tassa che viene imposta consente una crescita dell'economia, alla luce del modo con cui è calcolata, dei soggetti e dei redditi su cui impatta, della periodicità di imposizione, della possibilità di controllarne l'evasione, ecc., nonché - ovviamente - dell'impiego del suo gettito. QUESTE (modo di imposizione e impiego del gettito) sono le vere responsabilità della politica, su cui troppo spesso la nostra classe dirigente è insufficiente, se non proprio incapace!!!

Michele

Andrea ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Andrea ha detto...

Definire un'imposta come giusta o meno è un valutazione di tipo etico. Esempio: il parlamento vara un maggiore imposta sul pane, questa è legittima ma non giusta secondo i valori etici (ovviamente soggettivi) in quanto aumenta il prezzo di un bene primario.

Blog su blogger di Tescaro ha detto...

Complimenti per il vostro interessante blog. Anche sul mio stò trattando un post sull’abolizione dell’Ici sal titolo “LA TRAPPOLA DELL’ABOLIZIONE ICI” ho in programma anche di realizzare delle interviste. Buon pomeriggio da Tiziano