giovedì 31 luglio 2008

Le dichiarazioni sulla pulizia sono un cumulo di spazzatura

articolo pubblicato su The Independent il 18 luglio scorso e tradotto su http://italiadallestero.info

Silvio Berlusconi ha dichiarato ieri di aver “civilizzato” Napoli portando a conclusione la crisi dell’immondizia – sebbene delle fotografie dimostrino che i mucchi di spazzatura sono stati semplicemente spostati in periferia.
Il Primo Ministro italiano ha detto di aver onorato una promessa fatta due mesi prima per risolvere la situazione che ha paralizzato la città e la regione Campania per Più di sette mesi.
I residenti hanno visto migliaia di tonnellate di spazzatura accumularsi nelle loro strade ritenendo responsabile il coinvolgimento della corruzione e della mafia nella raccolta dei rifiuti. Quest’estate gli abitanti sono ricorsi all’incendio dei maleodoranti cumuli di rifiuti – rilasciando sostanze chimiche tossiche nell’ambiente.
Parlando al Consiglio dei Ministri tenutosi presso il porto meridionale della città, Berlusconi ha detto: “Napoli è ritornata una città civile dell’Occidente”. “Ciò che è accaduto in Campania è il frutto di una follia generale, della quale il mondo politico, civile e criminale sono responsabili. Appena mi sono insediato al potere, l’Europa aveva trovato un’Italia messa all’angolo, ma nel giro di poche settimane la musica è cambiata.”
Fotografie aeree sono apparse per mostrare che il centro di Napoli è libero dai nauseabondi cumuli di rifiuti che lo hanno rovinato da gennaio. Tuttavia altre fotografie pubblicate sul sito internet de “La Repubblica” hanno mostrato che i sacchi d’ immondizia sono stati spostati nella periferia esterna.
Berlusconi ha confermato che ci vorranno tre anni per risolvere il problema rifiuti in Campania e che la costruzione di 4 inceneritori è il suo obiettivo principale.
Comunque, Barbara Hellferich, della Commissione Europea dell’Ambiente ha detto: “Berlusconi può dire ciò che vuole, ma per noi è il risultato che conta. Il governo italiano deve mostrare di avere un piano per affrontare il problema e che questo sarà attuato fino in fondo.”
L’Unione Europea aveva minacciato l’ Italia di pesanti multe; gestori di hotel e funzionari del turismo hanno incolpato la crisi della diminuzione del turismo nella regione.

Silvio Berlusconi: il padrone è tornato e fa sul serio

traduzione di un articolo pubblicato su The indipendent
Silvio Berlusconi sembra determinato a fare sul serio stavolta. Ha già tirato fuori qualche sorpresa, quindi, quale sarà il prossimo passo per l’Italia?
L’avete letto su questo giornale: la scorsa settimana è stata un trionfo per Silvio Berlusconi. Per anni il suo genio politico è stato un segreto ben custodito. Tutti noi, convinti che fosse un buffone, ci siamo arrovellati per trovare una spiegazione al suo successo elettorale: ha trasformato la popolazione di questo paese in zombie attraverso il suo spaventoso network televisivo; ha stretto un patto con la mafia in base al quale la sua coalizione si assicura la vittoria in cambio di favori; una nazione intrinsecamente amorale ha visto in lui un autentico rappresentante, un co-cospiratore per ingannare il fisco e raggirare la magistratura ….
La verità è più semplice. Gli italiani ne hanno abbastanza di governi che non fanno nulla; che mantengono a stento il potere grazie a coalizioni ciniche, trattenendosi giusto il tempo necessario per tirare fuori di galera qualche amico ed assicurare remunerativi contratti ad altri. Gli italiani hanno dato uno sguardo in giro per l’Europa ed hanno visto Blair, Zapatero e Sarkozy promettere grandi cose, salire al potere per poi provvedere fattivamente al mantenimento di quelle promesse. Hanno detto, sì grazie, vogliamo una cosa del genere anche noi.
La settimana è iniziata con alcuni scatti stranamente noiosi apparsi sulle prime pagine di uno o due giornali vicini a Berlusconi. Le immagini mostravano il litorale di Napoli: condominii, la baia, il forte in lontananza, qualche automobile e pedoni.
Il senso dell’immagine risiedeva proprio in ciò che non vi era contenuto: montagne di rifiuti. Da anni Napoli combatte per trovare una soluzione ad una delle sfide più semplici: cosa fare con l’immondizia. Le precedenti iniziative hanno generato nuovi problemi nel momento in cui gli uffici delle commissioni speciali incaricate di risolvere il problema si sono trasformati in attività lucrosissime. Durante il giro di comizi elettorali Berlusconi aveva promesso che, se eletto, avrebbe convocato la prima seduta del consiglio dei ministri in questa città, e che si sarebbe impegnato a trovare una soluzione duratura. Non gli abbiamo creduto: Berlusconi non ha mai trovato soluzioni per i problemi del mondo reale. Ma ci sbagliavamo.
Tornato al potere con una maggioranza schiacciante, si è precipitato a Napoli minacciando di far schioccare la frusta. Ha promesso di ripulire dalla spazzatura le strade di Napoli entro la fine di luglio, imponendo la riapertura delle discariche con l’esercito se necessario ed ordinando l’urgente costruzione d’inceneritori di ultima generazione. Due settimane prima aveva pronunciato profetiche parole, “missione compiuta”. Apparentemente era vero.
I quotidiani che lo criticano hanno relegato la notizia a fondo pagina. Altri hanno parlato di spazzatura nascosta sotto il tappeto, di problemi semplicemente dislocati nelle lontane zone della provincia, di rifiuti esportati in Germania. Almeno in un’ottica a breve termine non è molto rilevante: Napoli era presentabile. Berlusconi ha dichiarato che Napoli “è tornata ad essere una città del mondo occidentale.”
Ha dimostrato due cose: che questa volta è sinceramente convinto di fare le cose sul serio; e che, malgrado l’incoerenza della sua coalizione, riesce ancora ad imporre su di essa la sua volontà. E’ il potere del padrone, il potere dei soldi. Può sembrare anacronistico, ma funziona.
Il pericolo, un fantasma che perseguita l’Italia sin dai tempi di Mussolini, è che tutto dipende dalla volontà e l’ego di un solo uomo, una persona dotata di un illimitato potere d’acquisto e di una colossale auto-stima, un individuo che la scorsa settimana ha azzardato un passo che gli storici potrebbero definire fatidico: si è sottratto al corso della giustizia. Il senato ha approvato un nuovo lodo che concede a Berlusconi l’immunità da qualsiasi responsabilità penale fino alla fine del mandato. Il Presidente Giorgio Napolitano lo ha puntualmente firmato facendolo diventare legge.
Berlusconi ha voluto questo provvedimento non solo per liberarsi dal processo per corruzione che lo vede sotto accusa insieme all’ex-marito di Tessa Jowell, David Mills. In un contesto più ampio, egli sostiene di essere stato vittima di un’intensa campagna di persecuzione giudiziaria ad opera di magistrati e pubblici ministeri di sinistra, i quali si sarebbero adoperati per eliminarlo usando gli strumenti giuridici, sovvertendo in tal modo la volontà democratica del paese. “Da quando sono entrato in politica,” dichiara, “sono stato chiamato a presenziare 2,502 udienze” per un valore di 174 milioni di sterline (220 milioni di euro circa, N.d.T.) in spese legali, afferma.
“Mi hanno gettato fango addosso … per 10 anni, ed in tutti i casi sono stato prosciolto. Mi chiedo: chi mi risarcirà per l’immagine che i giornali di tutto il mondo hanno dipinto di me, per non parlare dei costi legali?”
“Mi avete liberato,” ha detto al Senato dopo il voto decisivo. “Non potrò essere più perseguitato” C’è ancora la possibilità che la legge venga accantonata dalla Corte Costituzionale, come accadde nel 2004. Ma, a meno che questo succeda, Berlusconi adesso è un uomo libero.
Libero di fare cosa? Questa settimana è successo anche che una legge straordinaria sulla sicurezza è stata votata all’interno di un pacchetto di leggi ordinarie, la quale ha consentito al governo di ordinare all’esercito di sgomberare i campi nomadi rom. Venerdì, il governo ha instaurato lo stato d’emergenza per fare fronte ad un’ondata di arrivi di immigrati clandestini dal Nord Africa. Improvvisamente il governo si trova ad agire con la sfrontatezza e l’imprevedibilità tipiche del suo capo.
Il primo ministro trascorre le sue vacanze estive da uomo felice. Persino la sua vita privata sembra andare per il verso giusto: la settimana scorsa una rivista di gossip pubblicava un’illustrazione patinata di Berlusconi mano nella mano con sua moglie, Veronica, la quale afferma di voler trascorrere tutte le vacanze al fianco del proprio marito – mettendo così definitivamente a tacere il gossip su un imminente divorzio.
All’età di 71 anni, Berlusconi è un re nell’autunno dei suoi anni. Ma non c’è assolutamente nulla di autunnale nella sua performance durante i suoi primi 100 giorni al governo – si sta comportando come se fosse alla guida di una Ferrari nuova di zecca. Ha sempre avuto un’incredibile capacità di far sentire l’italiano comune contento della propria condizione. Adesso ha deciso di mettere questa sua abilità a disposizione di un uso politico costruttivo: vuole essere ricordato come uno che porta a termine le cose. Ma dove porterà l’Italia? Sarà una corsa folle.

Montanelli

Estratto dall'articolo di Marco Travaglio sull'Unità

Torna in mente quel che scrisse Montanelli, sulla Voce, il 26 novembre ’94:
“Dobbiamo prepararci a presentare le nostre scuse a Emilio Fede. L’abbiamo sempre dipinto come un leccapiedi, anzi come l’archetipo di questa giullaresca fauna, con l’aggravante del gaudio. Spesso i leccapiedi, dopo aver leccato, e quando il padrone non li vede, fanno la faccia schifata e diventano malmostosi. Fede, no. Assolta la bisogna, ne sorride e se ne estasia, da oco giulivo. Ma temo che di qui a un po’ dovremo ricrederci sul suo conto, rimpiangere i suoi interventi e additarli a modello di obiettività e di moderazione… Oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’Inverno. Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra di essi, sovrana e irresistibile, la televisione. (...) Il risultato è scontato: il sudario di conformismo e di menzogne che, senza bisogno di ricorso a leggi speciali, calerà su questo Paese riducendolo sempre più a una telenovela di borgatari e avviandolo a un risveglio in cui siamo ben contenti di sapere che non faremo in tempo a trovarci coinvolti”.

Il cuore profondo delle inchieste di Luigi De Magistris

mercoledì 30 luglio 2008

di Antonio Massari (Giornalista)
da La Stampa del 27 luglio 2008

Che dica il vero, oppure no, adesso Giuliano Tavaroli potrebbe raccontare la sua versione, su certi fatti, alla procura di Salerno, che indaga sul “caso de Magistris”.
L’ex addetto alla security di Telecom potrebbe persino gradire l’invito, per spiegare cos’intende con “network eversivo” - vero o falso che sia - ed elencare ruoli, nomi e cognomi.
Esistono infatti alcuni punti di contatto tra alcune dichiarazioni di Tavaroli e dei nomi che spuntano dalle inchieste condotte da Luigi de Magistris, il pm napoletano, punito e trasferito dal Csm, che indagava su “Why Not” e “Poseidone”, ovvero sull’utilizzo dei fondi europei e sugl’intrecci fra massoneria e istituzioni.Un’inchiesta che gli viene avocata in un preciso momento storico: quando inizia a indagare su un presunto network, di matrice spionistica, legato ai servizi segreti e alla massoneria.
Ma torniamo ai punti di contatto tra la vicenda Tavaroli e il “caso de Magistris”.
Intanto, il pm napoletano, nell’inverno 2007, mentre sta indagando sul generale della Guardia di Finanza, Walter Cretella Lombardo, e su una presunta rete spionistica, chiede a Milano di acquisire atti dell’inchiesta Telecom. Dagli atti spunta Renato d’Andria, uomo già al centro di un’inchiesta su massoneria, spioni, dossier illegali, che nel 2001 aveva portato all’arresto – proprio su richiesta di de Magistris – dello stesso d’Andria, del colonnello dei carabinieri Pietro Sica e di alcuni faccendieri.
De Magistris lo iscrive nel registro degli indagati – poche settimane prima di perdere l’inchiesta Why Not – perché ritiene che stia trafficando, in maniera illecita, sulle autorizzazioni per l’eolico in Calabria. La pista investigativa porta alle istituzioni regionali e a politici nazionali.
Tavaroli dichiara che l’origine dei suoi guai è legata a Salvatore Di Gangi, perquisito da de Magistris nell’inchiesta “Poseidone”, sulle truffe legate ai depuratori d’acqua, e ai rifiuti, in Calabria.
Un uomo che compare nelle vicissitudini finanziarie di alcune società, legate al segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa (oggetto di un dossier illegale ordinato da Tavaroli, su richiesta di un generale della GdF, e che portò alla scoperta di presunti fondi esteri).
Società che portano alla Global Media, descritta, dai consulenti di de Magistris, come il “polmone finanziario” dell’Udc. Anche Di Gangi si occupa di sicurezza, con diverse società, nelle quali spunta persino il leader storico della banda della Magliana.
Nel “network eversivo” evocato da Tavaroli, spunta anche Luigi Bisignani, ex piduista, condannato per la maxi tangente Enimont. È lo stesso Bisignani indagato e perquisito da de Magistris in Why Not, inchiesta legata ad Antonio Saladino, ex presidente calabrese della Compagnia delle Opere, considerato, anche da chi ha ereditato l’inchiesta Why Not, in grado di spostare voti e determinare le sorti politiche della regione.
Ma il “cuore” di “Why not” e “Poseidone” pulsa molto più in profondità: la pista investigativa ipotizza una lobby in grado di condizionare tutti i settori, dall’economia alla finanza, inclusa la magistratura.
Questo cuore batte a Salerno, dove s’indaga, tra gli altri, su Giancarlo Pittelli (indagato in Why not e Poseidone, coordinatore regionale di Forza Italia, avvocato penalista, e difensore proprio di Di Gangi). Inoltre: s’indaga su Mariano Lombardi (ex procuratore capo di Catanzaro), Salvatore Murone (procuratore reggente di Catanzaro), Adalgisa Rinardo (presidente del tribunale del riesame di Catanzaro), Dolcino Favi (ex reggente della procura generale di Catanzaro). Reato ipotizzato: corruzione in atti giudiziari (per Favi l’ipotesi è abuso d’ufficio).
Lombardi revocò Poseidone a De Magistris. Favi avocò Why Not, dopo l’iscrizione dell’ex ministro Mastella nel registro degli indagati.
La procura di Salerno suppone un’opera di delegittimazione, nei confronti di De Magistris, finalizzata a ostacolare le sue inchieste.
De Magistris avrebbe ipotizzato una rete occulta, in grado di condizionare settori rilevanti delle istituzioni, nella quale, anche Bisignani, peraltro amico di Mastella, avrebbe un ruolo di primo piano, quale punto di riferimento di uomini politici, membri delle forze dell’ordine, faccendieri e uomini dei servizi.
Su questo punto, la versione oggi fornita da Tavaroli, incredibilmente, sembra riscontrare le inchieste di de Magistris.

Questa è truffa allo Stato


Brunetta dove sei?

Le quote latte

articolo pubblicato su www.disinformazione.it
Chissà per quanto tempo ancora dovremo sentir parlare di quote latte, di allevatori in rivolta e di Roma ladrona? Si tratta di una vicenda politica amministrativa ben nota alle cronache, soprattutto perché resa visibile dalle clamorose iniziative di lotta intraprese dagli allevatori del Nord Italia. Come non ricordare i presidi, i blocchi delle autostrade, i pestaggi con le forze dell’ordine e soprattutto gli schizzoni di letame che invadevano le nostre strade?
Ora che Ministro dell’agricoltura è diventato un politico padano, un veneto doc, uno di quei “duri e puri” mandato in quel di Roma soprattutto – così ha dichiarato Bossi recentemente - per risolvere l’annoso caso delle quote latte, come mai gli allevatori sono ancora così arrabbiati e minacciano forconi e pedate? “Luca Zaia deve risolvere i nostri problemi, deve tirarci fuori da questo pantano della Comunità Europea che ci impedisce di produrre e vendere il nostro latte, a Roma è stato messo per questo!”
E perdinci cosa dovrebbe fare questo giovanotto dalle belle speranze? Deve leggersi le carte, deve valutare e poi casomai deve decidere il da farsi. Conoscendo il tipo non credo che prenderà decisioni avventate, è fermo ad un bivio e a mo parere ha tre possibilità: Prende tempo e tergiversa (abbastanza pericoloso con gente che maneggia i forconi come fossero forchette) Si dimette e si rifugia per la vergogna in un alpeggio in Valtellina.
Mette nero su bianco e tira fuori i nomi di quelli che la Comunità Europea l’hanno truffata alla grande usando per di più una Banca amica, una Banca tutta padana che oggi più che mai sembra sia servita proprio per operazioni che chiamare “lecite” è un eufemismo. Sulla dolorosa vicenda degli allevatori e produttori di latte non si discute, sono stati costretti a subire limiti moralmente non comprensibili nella produzione del latte. La Comunità Europea ha imposto dei criteri molto ristretti che hanno comportato una severa penalizzazione dei produttori nazionali. Il contenzioso giudiziario che ne è scaturito a seguito dello “splafonamento” ha prodotto multe che si aggirano in centinaia di milioni di euro. Le multe non sono a carico solo degli allevatori ma saranno pagate da tutti i cittadini italiani costretti a sobbarcarsi il pagamento delle sanzioni comunitarie che si sono abbattute – e continuano ad abbattersi – inevitabilmente sul nostro Paese.
Ma che c’entra in tutto questo il neo Ministro dell’Agricoltura Luca Zaia? Che razza di “latte bollente” si trova tra le mani? Da un’indagine svolta dalla Procura di Saluzzo (Cuneo) - che ha scaturito una richiesta di rinvio a giudizio per un numero imprecisato di allevatori della Padania - l’accusa è pesante come una balla di fieno: Reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura i responsabili di alcune cooperative di latte, si sarebbero resi responsabili nella mancata riscossione delle cosiddette “quote latte” imposte dalla Comunità Europea.
Le Cooperative, una sorta di scatole cinesi dallo stesso nome, Savoia Uno, Due, Tre, Quattro, Cinque e Sei, con un meccanismo di “compensazione” fatto di anticipi e prelievi, riuscivano ad incassare l’intero ammontare del prezzo del latte prodotto bypassando totalmente i controlli imposti dall’Europa. Ma chi figura tra i titolari di queste cooperative? Un volto noto della politica padana, quel Giovanni Robusti ex parlamentare della Lega Nord, rappresentante dei produttori lattieri ed ora di nuovo parlamentare europeo grazie alla rinuncia di Bossi che ha optato per il più italiano Ministero delle Riforme. Ma non finisce qui, oltre a Robusti anche un altro allevatore padano e attuale parlamentare leghista è tra gli inquisiti. Da qui forse nasce l’imbarazzo del Ministro Zaia nell’affrontare il problema allevatori padani?
Imbarazzo aggravato dal fatto che per far girare meglio la ruota delle compensazioni gli allevatori si sono serviti di una banca. Non una banca qualsiasi ma una vera e propria banca padana. Quella Credieuronord che è balzata alla ribalta delle cronache per essersi guadagnata un insolito record: nascere e morire nel giro di tre anni o poco più lasciando a bocca asciutta e tasche vuote circa 3000 piccoli azionisti tutti rigorosamente padani doc. Insomma una patacca nordista con tutte le regole e i crismi del tanto vituperato “pacco napoletano”.
Come fare quindi a risolvere i problemi degli allevatori padani se questi hanno pure sul groppo rinvii a giudizio con accuse così pesanti? Come fare a far finta di niente sapendo che una Banca che vedeva nel suo Cda “la meglio nomenclatura leghista” ha consapevolmente e volutamente omesso di segnalare operazioni per diverse centinaia di migliaia di euro che aggiravano le leggi comunitarie? A Zaia, ragazzo per bene dal futuro radioso, mi sento di dare un consiglio: Prenda tempo, vada in un alpeggio in Valtellina per un periodo di riflessione e al suo ritorno dica chiaramente che certe cose in Padania non s’hanno più da fare! E perdinci, che vacche le vacche padane!
Rosanna Sapori

martedì 29 luglio 2008

La crescita salariale

Su alcuni giornali è stata pubblicata la notizia che il salario dei dipendenti pubblici è cresciuto in modo maggiore ai lavoratori privati. Ma vediamo cosa dicono i documenti ufficiali:
pagina 5 della Relazione Unificata sull'Economia e la Finanza Pubblica per il 2008
"Osservando le principali componenti della spesa pubblica, la dinamica dei redditi nel pubblico impiego è risultata contenuta (1,1%). Essa riflette in primo luogo il mancato rinnovo nell’anno di parte dei contratti del settore pubblico relativi al biennio 2006-07 (da finalizzare nel 2008, anno per cui si prevede quindi un netto aumento). Ha contribuito anche il calo del numero di dipendenti pubblici, stimato nell’ordine dello 0,5 per cento, per effetto delle disposizioni limitative del turnover, delle misure di razionalizzazione nella scuola e del contenimento dell’occupazione nella sanità e negli enti locali."

Il pericolo dei telefoni cellulari


Sul sito http://www.tecnicadellascuola.it/ è stato lanciato un l'allarme sull'uso dei telefonini. Infatti i ricercatori dell'Università di Pittsburgh, hanno paragonato i cellulari a una vera e propria roulette russa per la salute: proprio per evitare l’aumento di rischi di tumori al cervello i telefonini, in pratica, andrebbero sempre utilizzati con parsimonia e possibilmente con gli auricolari.

I suggerimenti si spingono verso situazioni sinora mai considerate, come quella di non usare i cellulari in luoghi pubblici ristretti, come gli autobus, per non mettere a rischio le persone vicine.
Ma la raccomandazione più grande riguarda ancora una volta i più giovani: “i primi a dover diminuire l'uso dei telefonini dovrebbero essere i bambini, il cui cervello è ancora in fase di crescita”. Una conclusione, che se confermata nel tempo da altre analoghe, potrebbe cambiare i costumi di vita degli under 20 di mezzo mondo (quello tecnologicamente avanzato).


Una recente indagine, chiamata “Minori e telefonia mobile”, condotta dal Centro studi minori e media di Firenze, in scuole elementari, medie e superiori di 20 città e di 10 regioni italiane, su un campione di 2.264 studenti e 1.541 genitori, è emerso che già alle elementari 8 alunni su 10 possiedono almeno un telefonino: ma la cosa forse più sconvolgente è che alle superiori l'80% lo tiene sempre acceso in classe anche durante le lezioni (anche a dispetto della Direttiva n. 104 del ministero della Pubblica Istruzione del 30 novembre scorso).
Statistiche che dovrebbero riflettere far riflettere ancora di più alla luce dell'allarme lanciato dal direttore dell'istituto oncologico dell'università statunitense, Ronald Herberman, che in una lettera ai membri dell'università ha riportato alcuni studi preliminari e tuttavia non ancora pubblicati, dimostrerebbero la pericolosità dei telefonini. Herberman ha spiegato che anche se la scienza impiegherà anni prima di dimostrare la connessione tra la malattia e l'uso dei cellulari, gli utenti dovrebbero cominciare da subito a prendere delle contromisure.
Le considerazioni del centro di ricerca vanno prese sul serio non solo per la sua comprovata serietà scientifica, ma anche perché formulate in una città, Pittsburgh, che dopo essere stata considerata per anni una “la città dell’acciaio” per la forte presenza di industrie di questo genere, viene oggi definita come il “cuore pulsante delle telecomunicazioni in Pennsylvania”.
La teoria sconfessa quelle pubblicate finora, che hanno escluso qualunque rischio concreto derivante dall'uso dei cellulari. L'università dello Utah aveva ad esempio concluso all'inizio del 2008, dopo aver analizzato vari studi sull'argomento, che non è dimostrabile nessun incremento nel numero di tumori al cervello dovuto all'uso di cellulari. Alla stessa conclusione sono arrivati anche altri studi condotti al di fuori degli Stati Uniti, come in Francia e Norvegia.
Per i ricercatori dell’Università di Pittsburgh sia i dati scientifici che le caricature su internet non cambierebbero lo stato delle cose: "Anche se controversi - ha detto il direttore del centro di ricerca universitario - siamo convinti che ci siano dati sufficienti per prendere delle precauzioni nell'uso dei cellulari".

domenica 27 luglio 2008

Lettera al presidente del Senato

di Marco Travaglio
l'Unità, 26 luglio 2008
Gentile Presidente del Senato, avv. sen. Renato Schifani,
chi Le scrive è un modesto giornalista che ha avuto la ventura di occuparsi talvolta di Lei per motivi professionali.
L’ultima - forse lo ricorderà - fu nel mese di maggio, quando Lei ascese alla seconda carica dello Stato e io pubblicai una sua breve biografia sull’Unità e nel libro “Se li conosci li eviti” (scritto con Peter Gomez) che poi presentai su Rai3 a “Che tempo che fa”.
Anzitutto mi consenta di congratularmi con Lei per la Sua recentissima invulnerabilità penale, in virtù del Lodo Alfano, figlio legittimo del Lodo Schifani già dichiarato incostituzionale dalla Consulta nel 2004 e prontamente replicato in questa legislatura, anche grazie alla fulminante solerzia con cui Lei l’ha messo all’ordine del giorno di Palazzo Madama. E’ davvero consolante, per un cittadino comune, apprendere che da un paio di giorni l’articolo 3 della Costituzione è sospeso con legge ordinaria approvata in 25 giorni, e che dall’altroieri esistono quattro cittadini più uguali degli altri dinanzi alla legge, come i maiali della “Fattoria degli animali” di George Orwell.
Il fatto poi che Lei faccia parte del quartetto degli auto-immuni è per tutti noi motivo di ulteriore soddisfazione.
Si dà il caso, però, che Lei mi abbia recentemente fatto recapitare in busta verde, da ben tre avvocati (uno dei quali pare sia un Suo socio di studio), un atto di citazione presso il Tribunale civile di Torino affinchè io vi compaia per essere condannato a risarcirLa dei presunti danni, patrimoniali e non, da Lei patiti a causa del mio articolo sull’Unità e della mia partecipazione al programma di Fabio Fazio. Danni che Lei ha voluto gentilmente quantificare in appena 1,3 milioni di euro. A carico mio, s’intende.
Tutto ruota, lo ricorderà, intorno al fatto che avevo osato ricordare come Lei, alla fine degli anni 70, fosse socio nella Sicula Broker di due personaggi poi condannati e arrestati per mafia, Benny D’Agostino e Nino Mandalà; e che negli anni 90 Lei abbia prestato una consulenza in materia urbanistica per il Comune di Villabate, poi sciolto due volte per mafia in quanto ritenuto nelle mani dello stesso boss Mandalà.
Circostanze che Lei non ha potuto negare neppure nel suo fantasioso e spiritoso atto di citazione (ho molto apprezzato i passaggi nei quali Lei fa rientrare quei fatti nell’ambito dei “commenti sulla vita privata delle persone”; e mi rimprovera di non aver rammentato come Lei sia stato socio non solo di persone poi risultate mafiose, ma anche di altri “noti imprenditori mai coinvolti in episodi giudiziari”, e come Lei abbia prestato consulenze non solo per comuni poi sciolti per mafia, ma anche per altri enti locali mai sciolti per mafia).
Ora, sul merito della controversia, decideranno i giudici.
Ma non Le sfuggirà la sproporzione delle forze in campo, sulla bilancia della Giustizia, fra la seconda carica dello Stato e un umile cronista: i giudici, già abbondantemente vilipesi e intimiditi negli ultimi anni da Lei e dai Suoi sodali, sapranno che dar torto a Lei significa dar torto al secondo politico più importante del Paese, mentre dar torto a me è davvero poca cosa.
E’ questo oggettivo squilibro che, in tempi e in paesi normali, consiglia a chi ricopre importanti cariche pubbliche di spogliarsi delle proprie liti private, per dedicarsi in esclusiva agli interessi di tutti i cittadini. Lei invece non solo non si è spogliato delle Sue liti private, ma ne ha addirittura ingaggiata una nuova (con me) dopo aver assunto la presidenza del Senato. Ora però quello squilibrio diventa davvero abissale in conseguenza della Sua sopraggiunta invulnerabilità. In pratica, se io volessi querelarLa per le infamanti accuse che Lei mi muove nel Suo atto di citazione, non avrei alcuna speranza di ottenere giustizia in tempi ragionevoli, perché il Lodo Alfano La mette al riparo da qualunque conseguenza penale delle Sue parole e azioni, imponendo la sospensione degli eventuali processi a Suo carico.
Lei può dire e fare ciò che vuole, e io no.
Riconoscerà che, dal mio punto di vista, la situazione è quantomai inquietante.Ma c’è di più e di peggio. L’anno scorso l’ex presidente del consiglio comunale di Villabate, Francesco Campanella, indagato per mafia a causa dei suoi rapporti con la cosca Mandalà e con Bernardo Provenzano, ha raccontato ai giudici antimafia di Palermo che il nuovo piano regolatore di Villabate era stato addirittura “concordato” da lei e dal senatore La Loggia con il solito Mandalà.
Lei e La Loggia annunciaste subito querela. E da allora i magistrati antimafia stanno verificando se Campanella si sia inventato tutto o magari dica la verità. Io Le auguro e mi auguro, visto che Lei ora rappresenta l’Italia ai massimi livelli, che prevalga la prima ipotesi.
Ma, nella malaugurata evenienza che prevalesse la seconda, il Lodo Alfano impedirebbe alla magistratura di processarLa, almeno per i prossimi cinque anni, finchè terminerà la legislatura e, con essa, svanirà il Suo preziosissimo scudo spaziale.
Converrà con me, Signor Presidente, che nella causa civile che Lei mi ha intentato la conclusione di quelle indagini sarebbe comunque decisiva per valutare la mia posizione: sia che le accuse di Campanella trovino conferma, sia che trovino smentita, sarebbe difficile sostenere che io non abbia esercitato il mio diritto-dovere di cronaca, segnalando ai cittadini una vicenda di così bruciante attualità e interesse pubblico.
Detta in altri termini: non vorrei che la causa civile da Lei intentatami si concludesse prima delle indagini sul caso Campanella-Villabate, magari in conseguenza del blocco di quel procedimento per via del Lodo Alfano.
Essere condannato a versarle 1 milione o anche 1 euro, e poi scoprire a cose fatte di aver avuto ragione, sarebbe per me estremamente seccante.
L’altro giorno, con nobile gesto, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha rinunciato preventivamente al Lodo, dando il via libera al processo che lo vede imputato per diffamazione ai danni del pm Henry John Woodcock. Mi rivolgo dunque a Lei, e alla prima carica dello Stato che quel Lodo ha così rapidamente promulgato, affinché rassicuriate noi cittadini su un punto fondamentale: o ritirate le vostre denunce penali e civili finché sarete protetti dallo scudo spaziale, oppure rinunciate preventivamente al Lodo in ogni eventuale processo che potesse eventualmente influenzare, direttamente o indirettamente, l’esito di quelle cause. In attesa di un Suo cortese riscontro, porgo i miei più deferenti saluti.

sabato 26 luglio 2008

L'ultimo insulto a Napolitano

da Repubblica.it di Massimo Giannini

Un destino ineluttabile accomuna i presidenti della Repubblica che hanno avuto la ventura di condividere la difficile "coabitazione" istituzionale con un premier come Berlusconi.
Per un pezzo d'Italia che considera il Cavaliere un «golpista», e non un presidente del Consiglio scelto democraticamente dai cittadini attraverso il sacro rito repubblicano delle libere elezioni, gli inquilini del Quirinale non fanno mai abbastanza per combattere o abbattere il Tiranno.
È toccato a Carlo Azeglio Ciampi, che nonostante abbia bocciato e rinviato alle Camere le due leggi più politicamente «sensibili» della seconda legislatura dell'uomo di Arcore (la riforma delle tv e la riforma dell'ordinamento giudiziario) ha subìto più di un assedio dagli estremisti del girotondismo e patito più di un'accusa dai professionisti dell'antiberlusconismo.
Oggi tocca a Giorgio Napolitano, che nonostante l'impeccabile gestione dei passaggi più delicati dell'innaturale metamorfosi del bipolarismo italiano (la crisi del governo Prodi, il fallimento delle riforma elettorale e l'avvento del terzo governo Berlusconi) subisce i soliti strattoni da un'opposizione di palazzo che non si rassegna alla sconfitta e pretende il sovvertimento dei principi della sovranità parlamentare. E patisce le offese da un'opposizione di piazza che non conosce le regole ed esige la battaglia tra le istituzioni al di fuori dei paletti dell'architettura costituzionale. L'offensiva è partita con il «vaffa-day» grillista dell'8 luglio, che ha preso a pretesto (giusto) le leggi-canaglia del premier per sviluppare una forsennata (e insensata) batteria di «fuoco amico»: contro il Pd, contro Veltroni, e soprattutto contro il Quirinale.
Poi è toccato a Di Pietro, che ha cavalcato Piazza Navona con una disinvoltura a dir poco irresponsabile, all'insegna del nuovo motto consolatorio e pre-rivoluzionario: «Il regime non passerà!».
Poi è stata la volta dell'Unità, che sia pure con tutto il garbo possibile ha spiegato comunque al capo dello Stato che promulgare la legge sulle immunità delle quattro alte cariche dello Stato è come apporre la firma su quello che Guido Carli, in altri tempi, avrebbe chiamato un «atto sedizioso».
Infine, in un crescendo di qualunquismo e di pressappochismo, è Beppe Grillo a tornare sul «luogo del delitto». E stavolta non con la critica politica, ma con l'insulto personale. «Napolitano è in salute?», si chiede il nuovo Torquemada della mediocrazia italiana sul suo blog. Si fa la domanda, e si dà la risposta. «La salute può essere l'unica giustificazione del suo comportamento. Vorrei essere rassicurato se è in grado di esercitare ancora il suo incarico e per quanto tempo. Se possibile disporre della sua cartella sanitaria...». Sono parole che si commentano da sole. E non meriterebbero neanche una replica.
Dopo la manifestazione dell´8 luglio avevamo parlato di "subcultura", suscitando su Internet la reazione sdegnata dei grillisti. Di fronte alla nuova invettiva del Grande Imbonitore, non sapremmo trovare una definizione migliore.
Ma una replica s'impone, perché queste parole riflettono una malattia diffusa, che è nata in una certa destra ma ormai sembrano attecchita anche in una certa sinistra: l'uso congiunturale della Costituzione e l'abuso conflittuale delle istituzioni.
Nel caso di specie (il lodo Alfano) Napolitano ha fatto il suo dovere. Ha firmato una legge varata dal Parlamento. Poteva respingerla, se vi fossero emerse antinomie palesi e profili di manifesta incostituzionalità (combinato disposto degli articoli 74 e 87 della Carta fondamentale). Ma nella legge sull'immunità queste «falle» pregiudiziali non compaiono. Il governo ha persino recepito alcuni rilievi con i quali la Corte costituzionale aveva decretato nel gennaio 2004 l'illegittimità dell'analogo Lodo Schifani.
Vogliamo rassicurare Grillo e i grillisti: il presidente della Repubblica non solo è in ottima salute sul piano fisico e mentale, ma è anche in perfetta forma sul piano politico e istituzionale.
I militanti del «vaffa» dovrebbero sapere che Napolitano non è Sarkozy o Bush e che il nostro capo dello Stato non può prevaricare le Camere, senza trasformare la repubblica parlamentare in regime presidenziale.
E dovrebbero sapere che il sindacato definitivo sulla costituzionalità delle leggi non spetta al Quirinale, ma compete invece alla Consulta. Non capire tutto questo, e continuare a sparare a casaccio sul Quartier Generale, per certa sinistra barricadera è un errore uguale e contrario a quello che sta compiendo la destra egemone.
È un altro modo per snaturare la dialettica democratica, e per alterare il fisiologico bilanciamento dei poteri. La critica al Colle non configura di per sé un reato di «lesa maestà». Ma andrebbe per lo meno ben motivata, e ben argomentata.
A chi giova, invece, l'ingiuria gratuita? A chi conviene trascinare anche Napolitano dentro la palude indistinta del senso comune dominante, dove tutto è sempre e solo «casta», dove si annacquano i distinguo e si accorciano le distanze, dove tutti sono uguali e ugualmente meritevoli di sberleffo satirico, di disprezzo pubblico, di condanna morale? La vera, subdola insidia del berlusconismo, l'ossimoro della «rivoluzione istituzionale» che incarna, la deriva di «autoritarismo plebiscitario» che rappresenta, meritano risposte diverse, più forti e più alte.
E regalare Napolitano al solo Popolo delle Libertà, invece che lasciarlo a rappresentare tutto il popolo italiano, non è solo un clamoroso svarione tattico, ma è anche e soprattutto un rovinoso errore politico.

venerdì 18 luglio 2008

Gli assenteisti 2

da Beppegrillo.it
I dipendenti pubblici hanno una cattiva fama. Su di loro si dice di tutto. Assenteisti, con il doppio lavoro, raccomandati dai politici, scortesi con i cittadini.
Il ministro della Funzione Pubblica Brunetta ha deciso di dare un giro di vite all’assenteismo. La visita del medico fiscale sarà sempre obbligatoria anche nelle ipotesi di prognosi di un solo giorno. Nessuno potrà più sgarrare. Brunetta chiarisce che il medico potrà piombare a casa del dipendente pubblico a qualsiasi ora “al fine di agevolare i controlli”. Ad ogni malattia si applica la decurtazione di “ogni indennità o emolumento, aventi carattere fisso e continuativo e trattamento economico accessorio” quantificabili nel 25-30% della retribuzione.
Brunetta mi piace, è uno tosto, che sa farsi rispettare, come Napoleone di cui ha la stessa statura. Le sue direttive, ne sono sicuro, colpiranno come la folgore anche i dipendenti pubblici per eccellenza, i parlamentari.
Da una elaborazione de Il Sole 24 Ore, con riferimento ai dati Camera e Senato a fine 2007, si può scoprire chi sono gli assenti alle votazioni parlamentari. Brunetta mandi subito un medico fiscale ad Arcore. Silvio Berlusconi è infatti il primo assoluto con il 98,5% di assenze alla Camera. Se non è primo non è mai contento. L’attuale portavoce del PDL, Capezzone, ha totalizzato il 67,6%. Nei primi 10 c’è Sandro Bondi, in settima posizione, con l’87,5% e in quinta l’ex piduista Cicchitto con l’89,9%.
Tutti pidilellini in fuga dal lavoro. Brunetta li faccia pedinare, vorremmo tutti sapere dove vanno, cosa fanno, se incontrano Veltroni.
Al Senato per il PDL le cose non migliorano. La posizione numero uno è di Marcello Dell’Utri, 41,1% di assenze. Secondo assoluto il doppiolavorista Ghedini con il 38,7%. Un avvocato pagato dai cittadini con lo stipendio da parlamentare per difendere Berlusconi in tutti i tribunali d’Italia. Il re del doppiolavoro, un mito. Una soffiata per Brunetta: mandi subito un medico al tribunale di Milano, coglierà il Ghedini sul fatto mentre difende lo psiconano al processo Mills.
Se i dipendenti pubblici avessero le percentuali da desaparecidos dei parlamentari potremmo chiudere i ministeri e nessuno se ne accorgerebbe. Ma il Parlamento esiste veramente? Se un parlamentare non va a lavorare per un solo giorno Brunetta mandi il medico fiscale. Nel caso sia un condannato, un prescritto, un inquisito (quindi spesso) faccia accompagnare il medico dai Carabinieri (per proteggerlo).

giovedì 17 luglio 2008

Gli assenteisti

Sul corriere.it si legge: Giro di vite per limitare le assenze ingiustificate dei dipendenti pubblici. D'ora in poi la visita del medico fiscale «è sempre obbligatoria anche nelle ipotesi di prognosi di un solo giorno». Lo stabilisce una circolare firmata dal ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, indirizzata a tutte le pubbliche amministrazioni (i punti del documento).
Sulla questione avrei alcune cose da puntualizzare:
1. alcune amministrazione già prevedono la richiesta obbligatoria della visita del medico fiscale;
2. non è possibile estendere l'obbligatorietà a tutta la P.A. in quanto non ci sono medici della ASL a sufficienza;
3. considerato che ogni visita fiscale costa al datore di lavoro circa 25 euro molti comuni, scuole ecc. dovranno sopportare un costo in alcuni casi insostenibile;
4. la nuova fascia oraria di reperibilità (13-14) non permette al "vero malato" di poter andare in farmacia o fare la spesa;
Il timore è che questo governo punti al consenso dell'opinione pubblica senza mirare a sanare l'inefficienza della P.A. e anzi questo attivismo sia dovuto sia alla attuale contrattazione (aumenti minimi dopo anni di decurtazione del potere d'acquisto) e spingere la privatizzazione di ampi settori pubblici (come già fatto per telefoni, autostrade, Consip ma con dubbi vantaggi per i cittadini)
Le norme che puniscono i "fannulloni" ci sono già ma non vengono applicate, quindi si decide di inasprire tutto e vessare anche quei dipendenti pubblici onesti (e ci sono): infatti chi fa il furbo lo continuerà a fare!
On. Brunetta il vero problema della P.A., a mio avviso, è l'organizzazione elefantiaca così congeniata per aumentare il numero dei dirigenti (nel mio ufficio ogni 5 dipendenti ha un dirigente) e la mancanza di lavoro e di incentivi.
Avrei dei consigli:
1. prepensionamento per i dipendenti pubblici più anziani (80% dello stipendio fino al raggiungimento dell'età pensionabile). Con meno personale si possono razionalizzare le sedi e aumentare i salari (la stessa proposta l'aveva fatta Nicola Rossi, esponente PD);
2. prevedere dei percorsi di carriera interni: per esempio ogni 2 anni è possibile partecipare alla selezione nella quale abbia un peso i corsi di aggiornamento fatti, le eventuali assenze, la valutazione del dirigente ecc.
3. controlli e sanzioni disciplinari effettive per chi infrange la legge.
L'intervento sarebbe a costo zero ma avrebbe il vantaggio di premiare la meritocrazia e colpire solo i furbi!
Ma forse in questo modo avremo una P.A. che funziona e questo i nostri politici non lo vogliono!!

iPhone

da Altroconsumo.it
"Telefonare e navigare su Internet utilizzando lo stesso apparecchio. Questo promette l'iPhone, il nuovo gioiellino tecnologico della Apple lanciato in questi giorni con grande risalto mediatico.
Peccato però che l'attesa novità nasconda una trappola: le tariffe.
L' iPhone è venduto insieme a tariffe specifiche, da scegliere soltanto nell'ambito del duopolio Vodafone e Tim, dedicate al nuovo telefonino Apple.
Tariffe così poco convenienti, che danno un risultato aberrante: per non buttare inutilmente soldi, a chi compra un iPhone conviene continuare a telefonare con un altro telefonino!
Chi compra un iPhone può scegliere infatti tra due tipi di tariffe:
quota fissa mensile che consente di telefonare e navigare su internet;
quota fissa mensile che consente solo di navigare su internet.
Il traffico internet, per queste tariffe, è misurato in MB scambiati. Solitamente il traffico previsto è compreso tra 500-600 MB al mese.
Attenzione a non superare la soglia: in questo caso infatti il costo raggiunge soglie molto elevate: ben 3 euro ogni 150 MB per Vodafone, 0,006 euro per ogni KB per Tim. Sembra una cifra piccola, ma solo perché è astutamente espressa in KB: in realtà sono addirittura 6 euro a MB! Basti un esempio: scaricare una canzone di 5MB avrebbe un costo di 30 euro… Nel caso di Tim superare la soglia può davvero svuotare rapidissimamente il portafoglio degli utenti.
Ma il paradosso è che entrambi i due operatori che distribuiscono iPhone (Vodafone e Tim) offrono sempre tariffe telefoniche e internet, utilizzabili da tutti i loro clienti, molto più convenienti di quelle incluse nell'offerta iPhone (vedi la tabella). Perché chi compra il pacchetto iPhone deve essere trattato peggio?
Inoltre ci sono gli operatori Wind e Tre che offrono tariffe ancora più convenienti di quelle di Vodafone e Tim (da notare che le tariffe internet di Vodafone sono più convenienti di quelle degli altri operatori, ma il costo del traffico telefonico è talmente elevato che il traffico complessivo è più caro) che possono essere utilizzati con iPhone, ma spendendo di più per acquistare il solo telefono: ben 499 euro.
L'offerta negoziata da Apple per l'Italia con il duopolio della telefonia mobile TIM-Vodafone nasconde un brutto scherzo: le tariffe voce previste per l'iPhone sono talmente care che per non buttare soldi dovrei essere costretto ad utilizzarlo solo per navigare ... ma come? L'appeal dell'iPhone non dovrebbe stare tutto nel doppio uso? La novità è stata piegata alla ottusa volontà di fare cassa subito dei nostri operatori telefonici, nonché di Apple che ha scelto questa convenzione.
Infine, molta attenzione alle offerte di utilizzare iPhone in abbonamento: vincolano l'utente all'operatore per 2 anni, con il rischio, in caso di recesso anticipato, di dover pagare una penale da circa 300 euro.
Altroconsumo ha sguinzagliato rilevatori in tutta Italia per capire come si comportano i negozianti. L'Antitrust ha già aperto un'istruttoria, che Altroconsumo ritiene molto opportuna. Anzi, dopo avere già inviato all'Autorità la nostra analisi delle tariffe, trasmetteremo al più presto le rilevazioni e verifiche delle effettive offerte praticate sul mercato per quanto concerne l'acquisto dell'iPhone, con le relative condizioni. Riteniamo che ci possano essere le condizioni per denunciare un abuso di posizione dominante da parte del duopolio della telefonia mobile, oltre che una serie di pratiche commerciali scorrette.

Avevamo chiesto che la commercializzazione in Italia dell'iPhone avvenisse nel pieno rispetto delle leggi nazionali, delle delibere del Garante delle Comunicazioni e dei diritti dei consumatori, ma purtroppo questo non sta avvenendo".

Finanziamento dei termovalorizzatori


Visto che non era economicamente conveniente costruire i famigerati termovalorizzatori i nostri parlamentari hanno giustamente pensato di farci contribuire....dal sito Ecoblog apprendiamo che:

Gli emendamenti al decreto “milleproroghe” sono davvero un pozzo senza fondo: questa volta passa, con una sola astensione, quella del senatore del PD Roberto Della Seta, la concessione degli incentivi e contributi CIP6 per la costruzione dei termovalorizzatori di Salerno, Napoli e Santa Maria la Fossa nonché la tranche per la conclusione di quello di Acerra. Ed ecco che le gare di appalto diventeranno così molto ma molto più appetibili.



Cosa è il Cip6? è un provvedimento del Comitato Interministeriale Prezzi adottato il 29 aprile 1992, con cui sono stabiliti prezzi incentivati per l'energia elettrica prodotta con impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate. Sono considerati impianti alimentati da fonti assimilate: quelli in cogenerazione; quelli che utilizzano calore di risulta, fumi di scarico e altre forme di energia recuperabile in processi e impianti; quelli che usano gli scarti di lavorazione e/o di processi e quelli che utilizzano fonti fossili prodotte solo da giacimenti minori isolati.

La solitudine dei cittadini

Oggi, sul Corriere della Sera, Piero Ostellino denuncia la «tiepida reazione del Pd all'offensiva giudiziaria nei confronti di Del Turco».
Sugli sprechi, le ruberie e il nepotismo, certificati dalle relazioni della Corte dei Conti, che gonfiano fino all'inverosimile i costi della sanità pubblica in Italia invece il quotidiano di via Solferino, almeno attraverso i suoi commentatori, non spende nemmeno un parola.
Il problema - per Ostellino - è «la solitudine dei socialisti» e «la sorda continuità anti-socialista».
Le questioni sollevate da Ostellino hanno solide radici storiche. Ma dubito che possano interessare ai lettori (elettori).
Al di là delle discussioni socio-politiche restano i fatti. Quei fatti che ciascuno può leggere persino sulle pagine del Corriere.
I soldi, come spiega il ministro dell'economia Giulio Tremonti, sono finiti. Nei prossimi anni nella sanità pubblica sono previsti tagli di sette miliardi di euro. In Abruzzo, dove il buco nelle spese sanitarie ha raggiunto il miliardo di euro, i cittadini dovranno con tutta probabilità pagare un uno per cento in più di Irpef per ripianarlo.
Anche per questo il proposito annunciato da Silvio Berlusconi e dal ministro Angiolino Alfano di riformare la giustizia a partire dal prossimo settembre si annuncia fortunatamente in salita. Il Cavaliere vuole portare i pubblici ministeri sotto il controllo dell'esecutivo, vuole impedire le intercettazioni telefoniche nelle inchieste sulla pubblica amministrazione, vuole vietare alla stampa di pubblicare qualsiasi notizia sulle indagini in corso, vuole reintrodurre l'immunità parlamentare. Berlusconi vuole farlo, ma sa di avere poco tempo.
La sua luna di miele con il Paese sta rapidamente finendo. Parte della fiducia incassata col dopo-voto è già stata bruciata sull'altare delle leggi ad personam e anche se il premier ritiene di poter recuperare terreno la prossima settimana, quando annuncerà che la spazzatura è scomparsa dalle strade della Campania, la parabola discendente è iniziata. Intervenire sulla giustizia prima di Natale potrebbe essere, dunque, molto pericoloso. Non per niente la Lega già ha detto chiaro e tondo che le priorità sono altre.Certo, dalla sua Berlusconi ha una maggioranza parlamentare schiacciante, un'opposizione quasi inesistente e molti media militarmente schierati. Ci sono però bugie che anche se ripetute in tv o negli editoriali dei quotidiani restano tali. Dal Cavaliere gli italiani si aspettavano (e aspettano ancora) aumenti dei salari, diminuzione dei costi della politica, maggiore sicurezza. Questi obiettivi vanno raggiunti. Perché dopo l'estate, checché ne possano dire la stampa o i telegiornali, ciascuno guardando la propria busta paga potrà rendersi conto se è stato preso in giro o meno. E per Berlusconi e gli altri esponenti della Casta il problema al quel punto non sarà più la solitudine dei socialisti, ma quella dei cittadini. Dire che tutti i 900 e passa parlamentari, nominati dalle segreterie dei partiti e non eletti dai cittadini, diventeranno ufficialmente intoccabili per legge, quando gli altri, i paria, combattono per arrivare a fine mese è una pessima idea. È un errore etico, economico e politico, su cui persino l'unto del Signore rischia di essere crocifisso.

martedì 15 luglio 2008

L'Italia non è una democrazia

Ogni giorno mi convinco sempre di più che l'Italia non è più una democrazia e che la colpa non è della nostra classe dirigente ma di noi italiani.
Ho trovato conferma ai miei pensieri un vecchio articolo di Felice Lima (Giudice del Tribunale di Catania) che vi sintetizzo.
C’è nella cultura diffusa del nostro Paese un colossale equivoco, frutto, peraltro, di una propaganda mistificatoria perseguita con costanza dai tanti che vi hanno interesse, per il quale si crede che la democrazia sia solo un luogo nel quale i cittadini scelgono mediante elezioni chi li governa. Riducendo a questo la democrazia, ogni volta che qualcuno avanza dubbi sul fatto che l’Italia sia un paese democratico gli si sbatte in faccia a muso duro come sia sotto gli occhi di tutti che i governanti vengono scelti mediante libere elezioni.
A tale assunto vanno opposte, però, due obiezioni.
Una, per così dire circostanziale, consistente nell’osservare che, per un verso, i cittadini elettori non possono votare per chiunque, ma solo per coloro che vengono candidati da quei centri di potere che sono i partiti e che, per altro verso, al momento vige in Italia una legge elettorale che addirittura non consente agli elettori neppure di esprimere un voto di preferenza.
La seconda obiezione, per così dire strutturale, consistente nell’osservare che la democrazia non è essenzialmente un “metodo di scelta del governante”, ma prevalentemente un “metodo di esercizio del potere” e un “sistema di relazioni fra i consociati”.
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L’elenco delle caratteristiche che deve avere un metodo di esercizio del potere per potersi definire democratico è lungo, ma, per brevità, mi limiterò al principio della separazione dei poteri figlio della rivoluzione francese.
Riducendolo all’osso, l’idea è che un gruppo di persone fa le leggi (il potere legislativo), altri le applicano (l’esecutivo, il governo), altri ancora (i giudici) controllano che la legge venga rispettata da tutti.
In Italia la separazione dei poteri è stata sempre ed è sempre più solo apparente. Essa dovrebbe essere una TRIpartizione (legislativo, esecutivo, giudiziario), ma, invece, è già costituzionalmente solo una Bipartizione, perché il potere legislativo e quello esecutivo coincidono: chi sta al governo (potere esecutivo) ha anche la maggioranza in Parlamento (potere legislativo).
Certo, nella Costituzione questo rapporto fra legislativo ed esecutivo era concepito come più “democratico” (basti dire che la Costituzione prevede che ogni parlamentare rappresenta l’intero corpo elettorale – e non solo i suoi elettori – e che è libero da vincoli di mandato – e dunque non è tenuto a obbedire al segretario del suo partito), ma nell’epoca dei “pianisti” in Parlamento (grazie ai quali anche gli assenti votano) e degli sputi in faccia in piena assemblea del Senato al senatore che non obbedisce agli ordini del segretario del partito tutto assume altri connotati e altro senso.
In definitiva, dunque, la separazione dei poteri è affidata a un solo asse: quello fra politico e giudiziario. Ed è di tutta evidenza che si tratta di un asse molto delicato e assolutamente non in grado di reggere un suo uso improprio.
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Un’altra caratteristica dei sistemi democratici è l’esistenza di controlli di legalità numerosi e diffusi.
La democrazia è un metodo di esercizio del potere e in una società democratica ogni potere è soggetto a controlli numerosi e diversi, diffusi a vari livelli dell’organizzazione sociale. Anche il sistema italiano sarebbe (purtroppo solo del tutto apparentemente) così.
Quello giudiziario, che dovrebbe essere l’ultimo controllo, quello eccezionale, è rimasto l’unico. E per giunta anche a quello si tende a togliere valore.
Nel nostro Paese l’opposizione non esiste, è solo una “modalità di spartizione del potere”. Siamo l’unico Paese dove è stato possibile a dei partiti dirsi contemporaneamente “di governo” e “di opposizione”.
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C’è democrazia in un posto nel quale i cittadini si ritengono titolari di uguali diritti e, soprattutto, sono disposti a riconoscersi reciprocamente questi diritti.
In un paese “democratico” i cittadini rivendicano i loro diritti, ma non si sognano di procurarsi privilegi.
E il nostro, sotto questo profilo, è l’esatto contrario di un paese democratico.Troppi italiani non cercano, non chiedono e non si battono per ottenere il rispetto delle regole e dei diritti di tutti, ma, al contrario, cercano di perseguire il proprio interesse personale “a qualunque costo”.
Il “popolo italiano” non vuole da chi ha potere giustizia, correttezza, rispetto delle regole, ma favori, “risultati”, “vantaggi”.
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Se l’intera classe dirigente del Paese può fondare il suo potere su menzogne, se i telegiornali possono essere falsi, se i concorsi truccati, se nella Commissione parlamentare antimafia ci sono deputati con gravi precedenti penali, vuol dire che questo “si può fare”, vuol dire che questo non suscita la reazione che ci sarebbe in un Paese almeno un po’ “democratico”.
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La nostra crisi è una crisi grave e profonda. Non è una crisi contingente, ma strutturale. Non può essere risolta da una o più leggi, né da migliori poliziotti o magistrati più efficienti (che pure sarebbero una gran cosa).
Di una sola cosa c’è bisogno e una sola cosa ci potrebbe salvare: un serio recupero di una cultura del rispetto degli altri e delle regole.
Questo va dicendo da tempo Gherardo Colombo, che, per testimoniarlo ha anche lasciato la magistratura e va in giro per il Paese insegnando “cultura della legalità”.
Il 30 gennaio scorso è stato il 60° anniversario della morte di Mohandas Karamchand Gandhi. Diceva Ghandi: “Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo”.
Come potremmo attendere da altri ciò che non siamo disposti a dare noi?

emergenza rifiuti

Incredibili dichiarazioni dell'Ispettore della Ragioneria Generale dello Stato alla Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti del Parlamento del 15 giugno 2005!!
Il dottor Natale Monsurrò incaricato dal dipartimento della Protezione civile di effettuare verifica amministrativo-contabile presso il commissariato per l'emergenza rifiuti in Campania già parla di un evidente mala gestione dell'emergenza rifiuti.
Per il resoconto della seduta leggere qui
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mercoledì 9 luglio 2008

Ciao Ciao

Ciao a tutti i lettori, vi comunico che mi assenterò per una settimana per delle meritate vacanze. Nel paese dove trascorrerò dei sereni giorni non potrò aggiornare il blog per mancanza di connessione, ci rivediamo presto!

martedì 8 luglio 2008

Cosa pensano gli americani di noi

Dal corriere.it

ROMA - Una gaffe senza precedenti al G8. Tanto che George W. Bush è stato costretto a porgere le sue scuse a Berlusconi e al popolo italiano. Per quale motivo? Per capirlo, basta leggere la biografia del presidente del consiglio pubblicata nel 'press kit' che la Casa Bianca ha distribuito ai giornalisti al seguito del presidente americano.

LA BIOGRAFIA - «Il premier italiano è stato uno dei più controversi leader nella storia di un paese conosciuto per corruzione governativa e vizio - si legge nel profilo -. Principalmente un uomo d'affari con massicce proprietà e grande influenza nei media internazionali. Berlusconi era considerato da molti un dilettante in politica che ha conquistato la sua importante carica solo grazie alla sua notevole influenza sui media nazionali finché non ha perso il posto nel 2006». La biografia pubblicata sul 'press kit' non si ferma qui: «Odiato da molti ma rispettato da tutti almeno per la sua 'bella figura' (in italiano nel testo) e la pura forza della sua volontà - afferma la biografia - Berlusconi ha trasformato il suo senso degli affari e la sua influenza in un impero personale che ha prodotto il governo italiano di più lunga durata assoluta e la sua posizione di persona più ricca del paese». La biografia di Berlusconi, che cita anche il fatto che da ragazzo «guadagnava i soldi organizzando spettacoli di marionette per cui faceva pagare il biglietto di ingresso», ricorda che il futuro premier italiano mentre studiava legge a Milano «si era messo a vendere aspirapolvere, a lavorare come cantante sulle navi da crociera, a fare ritratti fotografici e i compiti degli altri studenti in cambio di soldi». La Casa Bianca avrebbe prelevato la biografia di Berlusconi dalla 'Encyclopedia of World Biography' che risulta aggiornata al mese scorso.
LE SCUSE - In serata, il portavoce della Casa Bianca, Tony Fratto, ha inviato una lettera nella quale si scusa a nome della Casa Bianca: «Scrivo - si legge nella lettera - in relazione a certi documenti di background che sono stati distribuiti ai giornalisti in viaggio sull'Air Force One per il vertice del G8 che si tiene in Giappone. Una biografia non ufficiale del primo ministro italiano Berlusconi, inclusa nel materiale stampa, utilizza un linguaggio insultante sia nei confronti del primo ministro Berlusconi che del popolo italiano. I sentimenti espressi nella biografia non rappresentano le vedute del presidente Bush, del governo americano e degli americani. Ci scusiamo con l'Italia e con il primo ministro per questo errore davvero sfortunato. Come tutti coloro che hanno seguito il presidente Bush, il presidente ha per il premier Berlusconi e per tutti gli italiani la più alta stima e riguardo».

giovedì 3 luglio 2008

Regime e propaganda

Tutti i regimi si fondano sulla propaganda.
Tutti hanno i loro strumenti di creazione e diffusione di false verità.
Ogni epoca ha i suoi strumenti di propaganda ed è sorprendente quanti uomini dai titoli accademici prestigiosi e dalle cariche istituzionali più elevate si prestino, in ogni epoca, a fare da servi e portaborse della propaganda del momento e con quale passione e con quanta sicumera difendano e propagandino come ovvie delle solenni menzogne, il cui unico fine è la manipolazione dell’opinione pubblica.
La bufala della settimana è stata l’affermazione che il Consiglio Superiore della Magistratura, se avesse detto nel suo parere sul c.d. “Decreto sicurezza” (che già nel nome è una menzogna della propaganda, avendo come fine notoriamente tutt’altro), che il “pacchetto” è incostituzionale, avrebbe abusato dei suoi poteri e usurpato quelli della Corte Costituzionale.
Per spiegare questa cosa qui al Presidente della repubblica, sono addirittura andati a trovarlo i Presidenti di entrambe la Camere.
Ciò che fa impressione non è l’assurdità dell’assunto, ma che lo si possa sostenere senza conseguenze e addirittura da parte di titolari di cariche di vertice dello Stato.
Le cose stanno in modo del tutto diverso ed è molto semplice descriverle.
1. Il C.S.M. ha per legge il potere di dare pareri «sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette materie» (art. 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195, “Attribuzioni del Consiglio Superiore”).
2. La Corte Costituzionale non dà «pareri» di costituzionalità. Decide della costituzionalità delle leggi.
3. Chiunque è in grado di capire la differenza che c’è fra «dare pareri» su una cosa e «decidere» della cosa.
Per chi avesse la mente confusa, possiamo dire che quando un avvocato dà un parere sulla legittimità o meno di una certa attività non sta usurpando i poteri del Tribunale che sulla legittimità o meno di quella attività si dovrà pronunciare.
4. I pareri del C.S.M. non sono vincolanti. Sono, appunto, “pareri”.
5. Ovviamente i pareri non sono predeterminabili nel contenuto, che dipende dai casi concreti.
6. Il Parlamento può disattendere del tutto i pareri del C.S.M.. Non sembra che possa impedirne l’emissione.
7. Non è possibile capire, né i Presidenti delle Camere lo hanno in qualche modo spiegato né sembra che nessuno possa spiegarlo perché non si può spiegare l’illogico, perché il C.S.M. non potrebbe dire in un suo parere che una norma appare incostituzionale. Sono un giurista. Mi viene chiesto un parere su una norma che dice: “Da domani si processano solo i neri. I bianchi mai più”. Mi sembra ovvio che questo viola l’art. 3 della Costituzione. Mi sembra che questa sia la cosa più importante da osservare e l’unico parere che ha un senso dare. Non lo posso dare, perché se do questo parere violo le prerogative della Corte Costituzionale!
La cosa che ci deve fare riflettere molto seriamente non è che a qualcuno venga in mente un’assurdità del genere. E’ che possa dirla in pubblico e convincere tutti che è giusta.
Ma la propaganda non si accontenta mai e quindi sprofonda sempre più nei paradossi e nelle contraddizioni.
Ed ecco che uno dei Ministri che si è stracciato le vesti dinanzi alla prospettiva che il C.S.M. violasse le prerogative della Corte Costituzionale, non ritiene – e con lui i Presidenti delle Camere e tutto il Paese – che sia gravissima violazione della separazione dei poteri che il Ministro dell’Interno insulti un giudice che, appunto giudica, perché ha fatto un provvedimento del tutto legittimo, ma che a lui non piace.

DISCARICA ILLEGALE: ACCUSE A BENETTON

Emiliano Fittipaldi per “L’espresso” in edicola domani - da www.dagospia.com
I Benetton sotto accusa per avere gestito una discarica abusiva in Campania. Questo è il reato contestato dal pm Francesca De Renzis di Santa Maria Capua Vetere, che ha concluso le indagini preliminari e iscritto il giovane Andrea, figlio di Carlo e nipote di Gilberto e Luciano, nel registro degli indagati. Secondo il capo di imputazione, insieme ad altri tre dirigenti della Cirio Agricola, Andrea avrebbe messo in piedi un’attività non autorizzata per gestire lo smaltimento di rifiuti. Nell’area del vecchio impianto Cirio di Piana di Monte Verna, vicino Caserta, gli inquirenti hanno trovato di tutto: eternit, batterie, pneumatici, oli esausti, provette di sangue, altri rifiuti speciali di varia natura, persino un feto di vitello. L’accusa è pesante, e il giovane Benetton, amministratore unico dell’azienda proprietaria dell’area di 60 mila metri quadri dissequestrata solo pochi giorni fa, rischia fino a tre anni. Dalla Procura e da Ponzano Veneto, quartier generale degli imprenditori veneti, non trapela nulla. Ma l’irritazione dei Benetton, dicono fonti vicino alla famiglia, è enorme. Se gli inquirenti ipotizzano l’uso sistematico del sito come discarica abusiva, per gli imputati i rifiuti sarebbero solo materiali veterinari e attrezzature di vecchi capannoni dismessi in cui si produceva latte. Monnezza che la società avrebbe “ereditato” dopo aver comprato Cirio Agricola dall’amministrazione controllata. In effetti l’asta ministeriale si basò anche su un piano industriale che prevedeva la bonifica ambientale. Ma i magistrati hanno deciso, dopo le indagini della Guardia di Finanza di Caserta, di contestare il reato più grave e non applicare la norma, più blanda, che punisce chi abbandona rifiuti di sua proprietà.

mercoledì 2 luglio 2008

il parere del csm sul decreto sicurezza

Per chi vuole approfondire il dibattito sul decreto sicurezza riporto il parere del Consiglio Superiore della Magistratura.

"Nel corso della elaborazione del parere, è, peraltro, intervenuta, il 24 giugno 2008, l’approvazione, da parte del Senato, del disegno di legge di conversione del decreto che ha apportato al testo originario numerosi e significativi emendamenti. Ad essi deve necessariamente estendersi il parere – come ripetutamente ritenuto dal Consiglio superiore in casi analoghi – al fine di evitare di offrire al Parlamento un contributo superato dalla evoluzione del testo normativo.
I pareri resi dal Consiglio superiore al ministro della Giustizia, su richiesta o autonomamente, ai sensi dell’art. 10 della legge del 24 marzo 1958, n. 195, sulle proposte e sui disegni di legge, nonché sui decreti legge in vista della loro conversione si estendono – secondo il testo della legge e la costante prassi consiliare – ai profili riguardanti l’ordinamento giudiziario, l’organizzazione e il funzionamento della giustizia, la disciplina dei diritti fondamentali costituzionalmente previsti. A questi profili – e ad essi soltanto – ci si atterrà, dunque, nel formulare il presente parere, che, conseguentemente, non prenderà in esame le questioni concernenti altri profili, rilevanti solo in modo indiretto sulla giurisdizione (come quelli relativi alla definizione delle competenze della polizia municipale e del concorso delle Forze armate nel controllo del territorio).

martedì 1 luglio 2008

Gli oncologi si farebbero la chemio?

La domanda molto importante se la pone Marcello Pamio in un suo articolo pubblicato su www.disinformazione.it . Infatti, secondo l'autore è giusto sapere cosa farebbero i medici oncologi - quelli che usano ogni giorno i chemioterapici su altre persone - se avessero loro un tumore. Nel marzo del 2005 al Senato australiano è stata presentata una “Inchiesta sui servizi e sulle opzioni di trattamento di persone con cancro”, prodotta dal Cancer Information & Support Society, del St. Leonards di Sydney.
Secondo tale inchiesta l’81% degli oncologi intervistati, in caso di tumore, non si farebbero somministrare un chemioterapico, mentre il 73% di loro reputano addirittura le “terapie sperimentali inaccettabili per l’elevato grado di tossicità”. Anche se il numero di oncologi intervistati non è molto elevato, ognuno tragga le proprie conclusioni…