articolo pubblicato su www.disinformazione.it
Chissà per quanto tempo ancora dovremo sentir parlare di quote latte, di allevatori in rivolta e di Roma ladrona? Si tratta di una vicenda politica amministrativa ben nota alle cronache, soprattutto perché resa visibile dalle clamorose iniziative di lotta intraprese dagli allevatori del Nord Italia. Come non ricordare i presidi, i blocchi delle autostrade, i pestaggi con le forze dell’ordine e soprattutto gli schizzoni di letame che invadevano le nostre strade?
Ora che Ministro dell’agricoltura è diventato un politico padano, un veneto doc, uno di quei “duri e puri” mandato in quel di Roma soprattutto – così ha dichiarato Bossi recentemente - per risolvere l’annoso caso delle quote latte, come mai gli allevatori sono ancora così arrabbiati e minacciano forconi e pedate? “Luca Zaia deve risolvere i nostri problemi, deve tirarci fuori da questo pantano della Comunità Europea che ci impedisce di produrre e vendere il nostro latte, a Roma è stato messo per questo!”
E perdinci cosa dovrebbe fare questo giovanotto dalle belle speranze? Deve leggersi le carte, deve valutare e poi casomai deve decidere il da farsi. Conoscendo il tipo non credo che prenderà decisioni avventate, è fermo ad un bivio e a mo parere ha tre possibilità: Prende tempo e tergiversa (abbastanza pericoloso con gente che maneggia i forconi come fossero forchette) Si dimette e si rifugia per la vergogna in un alpeggio in Valtellina.
Mette nero su bianco e tira fuori i nomi di quelli che la Comunità Europea l’hanno truffata alla grande usando per di più una Banca amica, una Banca tutta padana che oggi più che mai sembra sia servita proprio per operazioni che chiamare “lecite” è un eufemismo. Sulla dolorosa vicenda degli allevatori e produttori di latte non si discute, sono stati costretti a subire limiti moralmente non comprensibili nella produzione del latte. La Comunità Europea ha imposto dei criteri molto ristretti che hanno comportato una severa penalizzazione dei produttori nazionali. Il contenzioso giudiziario che ne è scaturito a seguito dello “splafonamento” ha prodotto multe che si aggirano in centinaia di milioni di euro. Le multe non sono a carico solo degli allevatori ma saranno pagate da tutti i cittadini italiani costretti a sobbarcarsi il pagamento delle sanzioni comunitarie che si sono abbattute – e continuano ad abbattersi – inevitabilmente sul nostro Paese.
Ma che c’entra in tutto questo il neo Ministro dell’Agricoltura Luca Zaia? Che razza di “latte bollente” si trova tra le mani? Da un’indagine svolta dalla Procura di Saluzzo (Cuneo) - che ha scaturito una richiesta di rinvio a giudizio per un numero imprecisato di allevatori della Padania - l’accusa è pesante come una balla di fieno: Reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura i responsabili di alcune cooperative di latte, si sarebbero resi responsabili nella mancata riscossione delle cosiddette “quote latte” imposte dalla Comunità Europea.
Le Cooperative, una sorta di scatole cinesi dallo stesso nome, Savoia Uno, Due, Tre, Quattro, Cinque e Sei, con un meccanismo di “compensazione” fatto di anticipi e prelievi, riuscivano ad incassare l’intero ammontare del prezzo del latte prodotto bypassando totalmente i controlli imposti dall’Europa. Ma chi figura tra i titolari di queste cooperative? Un volto noto della politica padana, quel Giovanni Robusti ex parlamentare della Lega Nord, rappresentante dei produttori lattieri ed ora di nuovo parlamentare europeo grazie alla rinuncia di Bossi che ha optato per il più italiano Ministero delle Riforme. Ma non finisce qui, oltre a Robusti anche un altro allevatore padano e attuale parlamentare leghista è tra gli inquisiti. Da qui forse nasce l’imbarazzo del Ministro Zaia nell’affrontare il problema allevatori padani?
Imbarazzo aggravato dal fatto che per far girare meglio la ruota delle compensazioni gli allevatori si sono serviti di una banca. Non una banca qualsiasi ma una vera e propria banca padana. Quella Credieuronord che è balzata alla ribalta delle cronache per essersi guadagnata un insolito record: nascere e morire nel giro di tre anni o poco più lasciando a bocca asciutta e tasche vuote circa 3000 piccoli azionisti tutti rigorosamente padani doc. Insomma una patacca nordista con tutte le regole e i crismi del tanto vituperato “pacco napoletano”.
Come fare quindi a risolvere i problemi degli allevatori padani se questi hanno pure sul groppo rinvii a giudizio con accuse così pesanti? Come fare a far finta di niente sapendo che una Banca che vedeva nel suo Cda “la meglio nomenclatura leghista” ha consapevolmente e volutamente omesso di segnalare operazioni per diverse centinaia di migliaia di euro che aggiravano le leggi comunitarie? A Zaia, ragazzo per bene dal futuro radioso, mi sento di dare un consiglio: Prenda tempo, vada in un alpeggio in Valtellina per un periodo di riflessione e al suo ritorno dica chiaramente che certe cose in Padania non s’hanno più da fare! E perdinci, che vacche le vacche padane!
Rosanna Sapori
Ora che Ministro dell’agricoltura è diventato un politico padano, un veneto doc, uno di quei “duri e puri” mandato in quel di Roma soprattutto – così ha dichiarato Bossi recentemente - per risolvere l’annoso caso delle quote latte, come mai gli allevatori sono ancora così arrabbiati e minacciano forconi e pedate? “Luca Zaia deve risolvere i nostri problemi, deve tirarci fuori da questo pantano della Comunità Europea che ci impedisce di produrre e vendere il nostro latte, a Roma è stato messo per questo!”
E perdinci cosa dovrebbe fare questo giovanotto dalle belle speranze? Deve leggersi le carte, deve valutare e poi casomai deve decidere il da farsi. Conoscendo il tipo non credo che prenderà decisioni avventate, è fermo ad un bivio e a mo parere ha tre possibilità: Prende tempo e tergiversa (abbastanza pericoloso con gente che maneggia i forconi come fossero forchette) Si dimette e si rifugia per la vergogna in un alpeggio in Valtellina.
Mette nero su bianco e tira fuori i nomi di quelli che la Comunità Europea l’hanno truffata alla grande usando per di più una Banca amica, una Banca tutta padana che oggi più che mai sembra sia servita proprio per operazioni che chiamare “lecite” è un eufemismo. Sulla dolorosa vicenda degli allevatori e produttori di latte non si discute, sono stati costretti a subire limiti moralmente non comprensibili nella produzione del latte. La Comunità Europea ha imposto dei criteri molto ristretti che hanno comportato una severa penalizzazione dei produttori nazionali. Il contenzioso giudiziario che ne è scaturito a seguito dello “splafonamento” ha prodotto multe che si aggirano in centinaia di milioni di euro. Le multe non sono a carico solo degli allevatori ma saranno pagate da tutti i cittadini italiani costretti a sobbarcarsi il pagamento delle sanzioni comunitarie che si sono abbattute – e continuano ad abbattersi – inevitabilmente sul nostro Paese.
Ma che c’entra in tutto questo il neo Ministro dell’Agricoltura Luca Zaia? Che razza di “latte bollente” si trova tra le mani? Da un’indagine svolta dalla Procura di Saluzzo (Cuneo) - che ha scaturito una richiesta di rinvio a giudizio per un numero imprecisato di allevatori della Padania - l’accusa è pesante come una balla di fieno: Reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura i responsabili di alcune cooperative di latte, si sarebbero resi responsabili nella mancata riscossione delle cosiddette “quote latte” imposte dalla Comunità Europea.
Le Cooperative, una sorta di scatole cinesi dallo stesso nome, Savoia Uno, Due, Tre, Quattro, Cinque e Sei, con un meccanismo di “compensazione” fatto di anticipi e prelievi, riuscivano ad incassare l’intero ammontare del prezzo del latte prodotto bypassando totalmente i controlli imposti dall’Europa. Ma chi figura tra i titolari di queste cooperative? Un volto noto della politica padana, quel Giovanni Robusti ex parlamentare della Lega Nord, rappresentante dei produttori lattieri ed ora di nuovo parlamentare europeo grazie alla rinuncia di Bossi che ha optato per il più italiano Ministero delle Riforme. Ma non finisce qui, oltre a Robusti anche un altro allevatore padano e attuale parlamentare leghista è tra gli inquisiti. Da qui forse nasce l’imbarazzo del Ministro Zaia nell’affrontare il problema allevatori padani?
Imbarazzo aggravato dal fatto che per far girare meglio la ruota delle compensazioni gli allevatori si sono serviti di una banca. Non una banca qualsiasi ma una vera e propria banca padana. Quella Credieuronord che è balzata alla ribalta delle cronache per essersi guadagnata un insolito record: nascere e morire nel giro di tre anni o poco più lasciando a bocca asciutta e tasche vuote circa 3000 piccoli azionisti tutti rigorosamente padani doc. Insomma una patacca nordista con tutte le regole e i crismi del tanto vituperato “pacco napoletano”.
Come fare quindi a risolvere i problemi degli allevatori padani se questi hanno pure sul groppo rinvii a giudizio con accuse così pesanti? Come fare a far finta di niente sapendo che una Banca che vedeva nel suo Cda “la meglio nomenclatura leghista” ha consapevolmente e volutamente omesso di segnalare operazioni per diverse centinaia di migliaia di euro che aggiravano le leggi comunitarie? A Zaia, ragazzo per bene dal futuro radioso, mi sento di dare un consiglio: Prenda tempo, vada in un alpeggio in Valtellina per un periodo di riflessione e al suo ritorno dica chiaramente che certe cose in Padania non s’hanno più da fare! E perdinci, che vacche le vacche padane!
Rosanna Sapori
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