mercoledì 6 agosto 2008

Una manovra senza speranza

di Tito Boeri su lavoce.info
Il Parlamento approva la manovra economica depressiva del Governo, che prevede un ulteriore incremento della pressione fiscale, mentre ci sarebbe bisogno di ridurre le tasse sul lavoro per allontanare lo spettro di una recessione.
L'unica novità di rilievo introdotta dal Parlamento è la misura sui precari che applica al mercato del lavoro il metodo seguito dal Presidente del Consiglio nell'affrontare i suoi problemi con la giustizia: si interviene sui processi in corso.
Una manovra insomma che non da speranza. Mentre non si perde occasione per predicare la paura.
COSA DOVREBBE FARE IL GOVERNO
In queste condizioni il compito primario di chi ha in mano le leve della politica economica dovrebbe essere quello di attivare tutti gli strumenti a sua disposizione utili per evitare una recessione. Date le dimensioni del nostro debito pubblico, non c'è molto spazio per politiche fiscali anticicliche. Tuttavia, grazie all’opera di contrasto all’evasione condotta nella passata legislatura, le entrate fiscali sono molto cresciute negli ultimi tre anni. Inoltre, la forte inflazione fa arrivare all’erario i proventi di una tassa, il cosiddetto fiscal drag, che i cittadini pagano quando il loro reddito reale non cambia, ma addirittura diminuisce, mentre il loro reddito nominale, gonfiato dall’inflazione, fa scattare una aliquota più alta. Con un'inflazione al 4 per cento, questa tassa da inflazione potrebbe ammontare a non meno di 4 miliardi di Euro.La cosa più giusta da fare in questo momento sarebbe quella di utilizzare tutti questi proventi straordinari per abbassare la pressione fiscale sul lavoro. Questo avrebbe effetti espansivi sia sulla domanda – che è addirittura diminuita in termini reali nell’ultimo anno – che sull’offerta.
Infatti i salari netti aumenterebbero e parte della riduzione delle tasse porterebbe a una riduzione del costo del lavoro man mano che i contratti vengono rinnovati (il che favorirebbe anche una conclusione più rapida delle molte vertenze in corso), favorendo così l'assorbimento del nostro immenso bacino di persone in età lavorativa che non hanno un impiego. Un modo per fare tutto questo senza complicare ulteriormente la nostra struttura fiscale consiste nell'aumentare le detrazioni fiscali per chi lavora, il che è legittimato anche dall'aumento dei costi per la produzione di reddito (dato il caro trasporti).
COSA FA INVECE IL GOVERNO
Ma invece di fare tutto questo, il Parlamento ha appena approvato una manovra triennale che non concede alcuno spazio a riduzioni della pressione fiscale.
Come previsto dal DPEF (Documento di Programmazione Economica e Finanziaria 2009-2013) la pressione fiscale addirittura aumenterà dal 43 al 43.2 per cento.
Oltre a tradire gli elettori – cui era stata promessa una riduzione della pressione fiscale al di sotto della soglia del 40 per cento – questo scenario di politica economica sembra non concederci alcuna speranza di evitare una recessione. Il passaggio parlamentare ha peraltro solo peggiorato i piani iniziali dell'esecutivo, addirittura aggiungendo una norma, quella sui precari, che adotta al mercato del lavoro il metodo seguito dal nostro Primo Ministro nel risolvere i suoi problemi personali con la giustizia: si interviene sui processi in corso.
Invece di rassicurare gli italiani che hanno cominciato a risparmiare anche sui consumi di pane e pasta, il nostro Ministro dell'Economia sembra non voler perdere occasione per lanciare messaggi allarmistici alla televisione e sui giornali. Secondo Giulio Tremonti, siamo alla vigilia di una nuova Grande Depressione come quella del 1929. Singolare che ci sia solo questo messaggio di paura. Manca nei messaggi e, soprattutto, nelle scelte dell'esecutivo la speranza. Così la recessione rischia di diventare una profezia che si autoalimenta. Ma non diamone la colpa alla Cina. Le responsabilità sarebbero molto più vicine a noi.

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