Questa volta è la vicina Svizzera che commenta l'accordo tra l'Italia e la Libia.
Il personaggio è quello che è: inaffidabile. E non siamo noi a dirlo, lo sanno tutti, governanti di oggi e governanti di ieri.
Il tentativo di chiudere il contenzioso tra la Libia, che rivendicava le scuse e i pagamenti dei danni del colonialismo, e l’Italia, che invece da quest’orecchio non ci sentiva, risalgono ufficialmente agli inizi degli anni Novanta, quando Andreotti istruì la pratica ma poi la lasciò nelle nebbie del disinteresse.
A dire la verità, anche in anni più addietro Gheddafi aveva posto insistentemente il problema, ma non aveva nessun’arma di ricatto, per cui a lui che rivendicava i danni di guerra e di colonialismo gli italiani giustamente rispondevano che era una cosa fuori da ogni logica.
Il tentativo di chiudere il contenzioso tra la Libia, che rivendicava le scuse e i pagamenti dei danni del colonialismo, e l’Italia, che invece da quest’orecchio non ci sentiva, risalgono ufficialmente agli inizi degli anni Novanta, quando Andreotti istruì la pratica ma poi la lasciò nelle nebbie del disinteresse.
A dire la verità, anche in anni più addietro Gheddafi aveva posto insistentemente il problema, ma non aveva nessun’arma di ricatto, per cui a lui che rivendicava i danni di guerra e di colonialismo gli italiani giustamente rispondevano che era una cosa fuori da ogni logica.
Infatti, ogni nazione, per motivi storici e di guerre accadute nel passato, potrebbe rivendicare danni nei confronti delle altre. Non se ne uscirebbe più.
Dunque, dopo il tentativo fallito con Andreotti, ce ne furono tanti altri, tutti miseramente falliti. Non tanto perché gli italiani non volevano compiere un gesto di buona volontà, quanto e soprattutto perché Gheddafi, appena fatto un accordo giocava al rialzo e pretendeva sempre qualcosa in più.
Già negli anni 2001-2002 ci fu un accordo con Berlusconi, ma quest’accordo, che prevedeva il pattugliamento comune delle coste libiche per evitare imbarchi di clandestini verso l’Italia, dopo una prima fase, venne lasciato cadere da Gheddafi, che pose come condizione all’Italia di costruire un’autostrada che attraversasse la Libia dalla Tunisia all’Egitto. Ci furono altri incontri, ma sempre con impegni che poi non confluirono in un accordo sottoscritto tra le parti.
Ci provò anche D’Alema nel 2007: la disponibilità c’era, ma i costi dell’autostrada e gli altri ”prezzi coloniali” erano troppo gravosi.
Già negli anni 2001-2002 ci fu un accordo con Berlusconi, ma quest’accordo, che prevedeva il pattugliamento comune delle coste libiche per evitare imbarchi di clandestini verso l’Italia, dopo una prima fase, venne lasciato cadere da Gheddafi, che pose come condizione all’Italia di costruire un’autostrada che attraversasse la Libia dalla Tunisia all’Egitto. Ci furono altri incontri, ma sempre con impegni che poi non confluirono in un accordo sottoscritto tra le parti.
Ci provò anche D’Alema nel 2007: la disponibilità c’era, ma i costi dell’autostrada e gli altri ”prezzi coloniali” erano troppo gravosi.
Poi ci furono le nuove elezioni e siamo arrivati ad adesso, quando Berlusconi si è trovato a dover prendere una decisione, anche perché fattori di politica interna e internazionale la imponevano senza ulteriori rinvii.
E’ così che è nato l’accordo tra l’Italia e la Libia, preparato negli obiettivi generali e nei dettagli già dallo scorso mese di giugno. Esso prevede la costruzione della famosa autostrada (costo circa 3 miliardi e mezzo di dollari) e aiuti per un altro miliardo e mezzo.
E’ così che è nato l’accordo tra l’Italia e la Libia, preparato negli obiettivi generali e nei dettagli già dallo scorso mese di giugno. Esso prevede la costruzione della famosa autostrada (costo circa 3 miliardi e mezzo di dollari) e aiuti per un altro miliardo e mezzo.
Tutti questi aiuti vanno spalmati nell’arco di vent’anni, salvo la fornitura di mezzi e tecnologie che dovranno servire agli altri scopi per cui è stato firmato l’accordo miliardario, come annunciò il figlio stesso di Gheddafi.
“Un accordo di amicizia e cooperazione tra i due Paesi”, ha confermato il presidente del consiglio che permetterà di “voltare pagina rispetto al passato coloniale” italiano in Tripolitania e Cirenaica con una serie di compensazioni di diversi miliardi dollari.
“Un accordo di amicizia e cooperazione tra i due Paesi”, ha confermato il presidente del consiglio che permetterà di “voltare pagina rispetto al passato coloniale” italiano in Tripolitania e Cirenaica con una serie di compensazioni di diversi miliardi dollari.
La contropartita per l’Italia, a ben guardare, c’è e vale il prezzo e le scuse ufficiali che Berlusconi ha presentato alla Libia per i quarant’anni di colonialismo.
Innanzitutto, prevede il pattugliamento comune del mare libico per contrastare il traffico dei clandestini. Non sappiamo se da subito, anche perché l’estate sta per finire e con essa la calma del mare, ma certamente dall’anno prossimo gli sbarchi di disperati provenienti dall’Africa centrale dovrebbero subire un forte freno. Saranno la primavera e l’estate del 2009 il banco di prova della funzionalità dell’accordo.
Il secondo punto è la cooperazione economica privilegiata tra l’Italia e la Libia, con la fornitura da parte di quest’ultima di gas e petrolio. Questo è un buon risultato che vuol dire che le fonti di approvvigionamento energetico sono provenienti da più parti, senza il rischio che l’eventuale chiusura dei rubinetti russi possa mettere in crisi l’economia italiana.
Il terzo punto dell’accordo consiste nell’apertura delle porte della Libia alle imprese italiane. Anche questo va nella direzione dello sviluppo economico sia libico che italiano.
L’accordo è stato definito storico da più parti, in modo particolare anche da esponenti dell’opposizione e da tanti che sono nati in Libia e che poi da lì dovettero fuggire dopo la guerra. Ecco, costoro che persero tutto sono gli unici, per ora inascoltati sia dalla Libia che dall’Italia, che pongono il problema dell’indennizzo per i beni perduti con la cacciata dalla “loro” Libia.
Va da sé che la storicità e la validità dell’accordo andranno commisurate ai risultati che si raggiungeranno e, soprattutto, alla sua tenuta dell’accordo stesso, cosa di cui noi dubitiamo molto.
Non è che dopo l’autostrada Gheddafi (o chi per lui) pretenderà anche ferrovie ed aeroporti?
Il secondo punto è la cooperazione economica privilegiata tra l’Italia e la Libia, con la fornitura da parte di quest’ultima di gas e petrolio. Questo è un buon risultato che vuol dire che le fonti di approvvigionamento energetico sono provenienti da più parti, senza il rischio che l’eventuale chiusura dei rubinetti russi possa mettere in crisi l’economia italiana.
Il terzo punto dell’accordo consiste nell’apertura delle porte della Libia alle imprese italiane. Anche questo va nella direzione dello sviluppo economico sia libico che italiano.
L’accordo è stato definito storico da più parti, in modo particolare anche da esponenti dell’opposizione e da tanti che sono nati in Libia e che poi da lì dovettero fuggire dopo la guerra. Ecco, costoro che persero tutto sono gli unici, per ora inascoltati sia dalla Libia che dall’Italia, che pongono il problema dell’indennizzo per i beni perduti con la cacciata dalla “loro” Libia.
Va da sé che la storicità e la validità dell’accordo andranno commisurate ai risultati che si raggiungeranno e, soprattutto, alla sua tenuta dell’accordo stesso, cosa di cui noi dubitiamo molto.
Non è che dopo l’autostrada Gheddafi (o chi per lui) pretenderà anche ferrovie ed aeroporti?
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